Lettera alle famiglie per il Natale

Carissimi,
per portarvi questo annuncio anche quest’anno oso bussare alle vostre case e, con questa lettera, desidero incontrarvi ad uno ad uno.
Attraverso i vostri sacerdoti e i loro collaboratori, vorrei fare eco alle parole che l’angelo del Signore, in quella fredda e limpida notte di duemila anni fa, rivolse ai pastori, gente umile, dalla vita dura e faticosa – come quella della maggior parte -, che viveva alla periferia della società di allora. Gente semplice, il Vangelo li definirebbe “poveri di spirito”. Per questo Dio, nel farsi conoscere, diede loro la precedenza.
I pastori, che non potevano certo prevedere quella visita, ne furono sorpresi ed anche un po’ spiazzati. Eppure la presero subito sul serio perché vi riconobbero la risposta al desiderio che da sempre ardeva, magari un po’ sepolto come la brace sotto al cenere, nel loro cuore. Si lasciarono commuovere da Dio e perciò si mossero: «Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere» (Lc 2, 15).
Facciamo come loro, lasciamoci sorprendere da Dio. Egli ci precede sempre, ci ama per primo. Fa il primo passo, non calcola sul nostro amore, non pretende una reciprocità. E noi sappiamo bene – ogni sposo, ogni sposa, ogni padre, ogni madre lo sa – come sia difficile, praticamente impossibile, amare con una tale gratuità. Per renderla accessibile ad ogni uomo Gesù è venuto al mondo e ha dato la vita sul palo della croce: «Noi amiamo perché egli ci ha amato per primo» (1 Gv 4, 19). È un tema che mi sta molto a cuore e su cui torno con insistenza nella Lettera pastorale “Il campo è il mondo”, che vi ho indirizzato due mesi fa.
Dio ama la nostra libertà e non si stanca di sollecitarla, direi di mendicarla. «Il Signore attrae e non sottomette» (Il campo è il mondo, p. 21). Lo toccate con mano ogni giorno con i vostri figli: si cresce solo dentro una relazione amorosa, di fiducia e non a suon di comandi e di prediche.
A noi dunque spetta la scelta (che nessuno può fare al nostro posto) di accogliere il suo invito, come fecero i pastori, che «andarono, senza indugio, e trovarono» (Lc 2, 16).
C’è un altro protagonista del vangelo di Luca, Zaccheo – che questa volta non è un povero, ma un ricco e anche un po’ furfante – che, come i pastori, si lascia sorprendere da Gesù. Saputo che il Maestro era arrivato nella sua città e la stava attraversando, corse avanti e per vederlo si arrampicò su un albero, perché era piccolo di statura. Quando Gesù arrivò lì, alzò lo sguardo su di lui e disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Amici, Gesù non guarda alla nostra posizione sociale, né al colore della pelle, né alla cultura a cui apparteniamo e neppure agli errori che abbiamo fatto. In qualunque situazione ci troviamo, se come i pastori e come Zaccheo – lo desideriamo, Egli si fa trovare e viene a casa nostra.
La buona notizia che per loro è nato il Salvatore raggiunge i pastori mentre, «pernottando all’aperto, vegliavano facendo la guardia al loro gregge» (Lc 2, 8). Il Natale è la festa del Dio vicino. Egli ci raggiunge ovunque. Non solo nelle chiese, ma all’aperto, nei luoghi della vita concreta, in tutte le realtà del quotidiano dove gli uomini amano e lavorano, riposano, soffrono e lottano per una vita buona… «La fede – dice Papa Francesco – è un incontro con Gesù, e noi dobbiamo fare la stessa cosa che fa Gesù: incontrare gli altri… dobbiamo andare all’incontro e dobbiamo creare con la nostra fede una cultura dell’incontro». Buon Natale!

Angelo Scola Arcivescovo di Milano