1. La conoscenza reciproca alimenta il dialogo e il rispetto. Gli studenti immigrati di religione non cristiana vengono rispettati di più se noi non cancelliamo i simboli della nostra tradizione e della religione storicamente maggioritaria nel nostro Paese e non li priviamo della possibilità di conoscere un pezzo della storia e della cultura del Paese nel quale vivono e dei quale un domani potrebbero diventare cittadini.
2. I musulmani non sono offesi dalla celebrazione del Natale. Al contrario, il Natale ha le caratteristiche per essere una festa condivisa, in quanto l’Islam venera Maria e considera Gesù l’ultimo profeta prima di Maometto. In numerosi Paesi a maggioranza islamica, il Natale (cattolico o ortodosso) è considerato festa nazionale.
3. “Rispettare” gli studenti immigrati non cristiani non può significare discriminare quelli cristiani. Non è corretto discriminare i molti studenti immigrati di religione cattolica o più in generale cristiana, impedendo loro di festeggiare a scuola il Natale. D’altronde essi potrebbero arricchire la nostra cultura, “insegnandoci” il modo in cui il Natale viene festeggiato nei loro Paesi d’origine.
4. Non si può “tutelare” la minoranza limitando i diritti della maggioranza. Vivere in una società multiculturale non comporta le necessità di rendere i bambini italiani “orfani” della loro origine, privandoli della possibilità di conoscere un simbolo della storia religiosa, culturale, artistica, popolare italiana. Rispettare le diversità non significa negare le differenze ma imparare a farle convivere in armonia e rispetto.
5. Natale è la festa che ricorda l’evento storico della nascita di Gesù Cristo. Questo evento sta alla radice della nostra civiltà al punto tale che noi contiamo gli anni a partire da esso. A prescindere dall’adesione alla religione cattolica, negare il Natale di Gesù significa negare l’origine della nostra civiltà. È un atto violento: non a caso furono i nazisti i primi a sostituire il Natale con la Festa della Luce.
6. Fare il presepe in classe non impone a nessun bambino di diventare cristiano. Il presepe è simbolo di amore e di accoglienza, segno di pace e di fratellanza universale, memoria del sorgere del cristianesimo, religione del nostro paese e fondamento dei valori universali propri di ogni essere umano: libertà, uguaglianza, pari dignità tra uomo e donna. Sono le basi su cui costruire una integrazione autentica, basata sul rispetto reciproco.
7. La laicità è un metodo, non è un contenuto. Essere laici non significa essere anticristiani ma approcciare in modo ragionevole la realtà e impedire che una posizione prevalga in modo violento sulle altre. La vera laicità include, non esclude, apre al confronto, non chiude fuori dalla porta culture, religioni, tradizioni ma ne valorizza il meglio.
8. La “neutralità religiosa” offende tutti. Se si toglie dalla scuola il presepe e il riferimento alla nascita di Gesù, per logica conseguenza va tolto ogni riferimento a qualsiasi altra ricorrenza; senza dimenticare che lo stesso “laico” Babbo Natale, che in molte scuole porta i doni “al posto” di Gesù Bambino, in realtà è Santa Klaus, cioè San Nicola.
9. Tolto Gesù e il presepe, Natale rimane esclusivamente una festa del consumismo, fatta di regali e di abbuffate, priva di valori e di insegnamenti. È a questo che vogliamo educare i nostri ragazzi?
(da “Il Mantice” della Parrocchia di Vanzaghello)