I CRISTIANI IN IRAQ: QUALE FUTURO

Venerdì 4 Marzo in molti abbiamo ascoltato, in chiesa parrocchiale, le parole di mons. Luis Sako vescovo di Kirkuk (una diocesi in Iraq ).
Avevamo appena avuto la notizia della liberazione di Giuliana Sgrena senza sapere però a che prezzo e a che evitabile sacrificio. Ignari apprendevamo che originariamente la Chiesa è arrivata in Iraq grazie a San Tommaso, ma che già alla fine del 4° secolo contava già una struttura ecclesiale con vescovi, diocesi e un patriarca. Parlavano la lingua Kaldea (a metà tra l’arabo e l’ebraico ) che era la lingua della Sacra Famiglia e dei discepoli: la usano ancora adesso nella loro messa. I cristiani in Iraq hanno scuole, ospedali,commerci e vivono un po’ meglio dei loro connazionali.
Anche Saddam cercava spesso i cristiani per la qualità del loro lavoro e per la fedeltà. Essi sono un piccolo gruppo (700.000 circa) ma molto dinamico e impegnato nella solidarietà. I sacerdoti visitano casa per casa, aiutano la popolazione anche economicamente quando le persone si sposano o hanno dei bambini; hanno cicli di teologia per i laici e gruppi di ascolto.
Saddam aveva impoverito molto l’Iraq e in 35 anni aveva trasformato il paese in una caserma. Dopo due guerre e 13 anni di embargo il paese aveva la necessità e la voglia di cambiare perciò nonostante le minacce sono andati a votare; con la democrazia potrà esserci più lavoro e più soldi ; ci vorrà un po’ di tempo ma i progetti ci sono. Adesso nel parlamento tutti i gruppi etnici sono rappresentati ma non è facile la collaborazione tra di loro: generalmente è il cristiano che media e cerca una soluzione. I cristiani proprio per la loro cultura di pace sono capaci di costruire ponti fra i popoli.
Fortunatamente la lotta armata contro questa nuova democrazia non ha un leader ma è costituita da tanti piccoli gruppi che hanno paura di questo nuovo modello. Vogliono far fallire la democrazia perché se l’Iraq venisse preso d’esempio porterebbe ad un cambiamento che avrebbe ripercussioni in tutto il mondo arabo. Già adesso in Egitto e in Libano ci sono state riforme per una maggior libertà. Questi gruppi si finanziano attraverso i rapimenti perché è il modo per far tanti soldi e in breve tempo; con questi soldi compreranno bombe e armi. Proprio per questo non possiamo lasciar soli gli americani, e in questo momento tutto il mondo occidentale non deve dividersi ma aiutarli e accompagnarli in questo cambiamento che può e deve avvenire .
Mons. Sako è ottimista sul futuro dei cristiani in Iraq perché vede l’impegno di quella gente a una vita migliore: aiutiamoli dunque, non chiudiamoci nel nostro egoismo, la Chiesa deve essere unita basterebbe anche una preghiera in più. “La Bibbia è una lettera d’amore per l’uomo e la Chiesa deve aiutare a scoprire e vivere questo amore“

Letteria Laura Calcagno