I “principi non negoziabili” in politica

La dottrina sociale della Chiesa ha affermato da tempo alcuni valori cardine della vita sociale. Benedetto XVI, con la chiarezza di linguaggio che gli è propria, ha introdotto l’espressione “principi non negoziabili”, utilizzata per la prima volta nel discorso rivolto ai parlamentari del Partito Popolare Europeo ricevuti in udienza il 30 marzo 2006 a Roma: “(…) il vostro sostegno all’eredità cristiana può contribuire in maniera significativa a sconfiggere quella cultura tanto ampiamente diffusa in Europa che relega alla sfera privata e soggettiva la manifestazione delle proprie convinzioni religiose. Le politiche elaborate partendo da questa base non solo implicano il ripudio del ruolo pubblico del cristianesimo, ma, più in generale, escludono l’impegno con la tradizione religiosa dell’Europa che è tanto chiara nonostante le sue variazioni confessionali, minacciando in tal modo la democrazia stessa, la cui forza dipende dai valori che promuove (cfr Evangelium vitae, n. 70). Dal momento che questa tradizione, proprio in ciò che possiamo definire la sua unione polifonica, trasmette valori che sono fondamentali per il bene della società, l’Unione Europea può solo ricevere un arricchimento dall’impegno con essa. (…) quando le Chiese o le comunità ecclesiali intervengono nel dibattito pubblico, esprimendo riserve o richiamando certi principi, ciò non costituisce una forma di intolleranza o un’interferenza poiché tali interventi sono volti solamente a illuminare le coscienze, permettendo loro di agire liberamente e responsabilmente secondo le esigenze autentiche di giustizia, anche quando ciò potrebbe confliggere con situazioni di potere e interessi personali.

Per quanto riguarda la Chiesa cattolica, l’interesse principale dei suoi interventi nell’arena pubblica è la tutela e la promozione della dignità della persona e quindi essa richiama consapevolmente una particolare attenzione su principi che non sono negoziabili. Fra questi ultimi, oggi emergono particolarmente i seguenti:

-1. tutela della vita in tutte le sue fasi, dal primo momento del concepimento fino alla morte naturale;

-2. riconoscimento e promozione della struttura naturale della famiglia, quale unione fra un uomo e una donna basata sul matrimonio, e sua difesa dai tentativi di renderla giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione che, in realtà, la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione, oscurando il suo carattere particolare e il suo insostituibile ruolo sociale;

-3. tutela del diritto dei genitori di educare i propri figli.
Questi principi non sono verità di fede anche se ricevono ulteriore luce e conferma dalla fede. Essi sono iscritti nella natura umana stessa e quindi sono comuni a tutta l’umanità. L’azione della Chiesa nel promuoverli non ha dunque carattere confessionale, ma è rivolta a tutte le persone, prescindendo dalla loro affiliazione religiosa.”

“Il culto gradito a Dio, infatti, non è mai atto meramente privato, senza conseguenze sulle nostre relazioni sociali: esso richiede la pubblica testimonianza della propria fede. Ciò vale ovviamente per tutti i battezzati, ma si impone con particolare urgenza nei confronti di coloro che, per la posizione sociale o politica che occupano, devono prendere decisioni a proposito di valori fondamentali, come il rispetto e la difesa della vita umana, dal concepimento fino alla morte naturale, la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna, la libertà di educazione dei figli e la promozione del bene comune in tutte le sue forme. Tali valori non sono negoziabili.” … (Sacramentum Caritatis)
[TITOLO]DALLA PROLUSIONE DEL CARDINAL BAGNASCO AL CONSIGLIO PERMANENTE DELLA C. E. I.
La Chiesa non prende “nelle sue mani la battaglia politica” (cfr. Benedetto XVI, Deus caritas est, n. 28). E quindi confermiamo la linea di non coinvolgimento, come Chiesa, e dunque come clero e come organismi ecclesiali, in alcuna scelta di schieramento politico o di partito: linea che già ci ha caratterizzato nelle precedenti consultazioni. Questo non coinvolgimento è, a ben guardare, il contrario del disinteresse e del disimpegno, ma è un contributo concreto alla serenità del clima, al discernimento meno distratto, alla concordia degli animi.
Inoltre, questo atteggiamento complessivo della Chiesa – come diceva Giovanni Paolo II al Convegno ecclesiale di Palermo – “non ha nulla a che fare con una «diaspora» culturale dei cattolici, con il loro ritenere ogni idea o visione del mondo compatibile con la fede” (Discorso al 3° Convegno ecclesiale della Chiesa italiana, Palermo, 23 novembre 1995). L’irrilevanza della fede non può essere un obiettivo dei credenti, ai quali “come cittadini, sotto la propria responsabilità”, spetta “un compito della più grande importanza”, in rapporto “alle grandi sfide nelle quali porzioni della famiglia umana sono maggiormente in pericolo: le guerre e il terrorismo, la fame e la sete, alcune epidemie terribili…”. Così precisava Benedetto XVI al Convegno ecclesiale di Verona, dove ha subito aggiunto: “Ma occorre anche fronteggiare, con pari determinazione e chiarezza di intenti, il rischio di scelte politiche e legislative che contraddicono fondamentali valori e principi antropologici ed etici radicati nella natura dell’essere umano, in particolare riguardo alla tutela della vita umana in tutte le sue fasi, dal concepimento alla morte naturale, e alla promozione della famiglia fondata sul matrimonio, evitando di introdurre nell’ordinamento pubblico altre forme di unione che contribuirebbero a destabilizzarla, oscurando il suo carattere peculiare e il suo insostituibile ruolo sociale”.

Roma, 10 marzo 2008