LA MORATORIA DELL’ABORTO PROPOSTA DA GIULIANO FERRARA

Il 15 gennaio, a Milano, Giuliano Ferrara ha spiegato, attraverso la lettura della sua lettera al segretario delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon, cos’è la moratoria proposta sulle pagine del suo giornale lo scorso 20 dicembre. È una battaglia culturale che parte dai 50 milioni di aborti che ogni anno vengono praticati in tutto il mondo, dai Paesi in cui il fenomeno è silenzioso e di massa – come la Cina e l’India – a quelli in cui i progressi dell’eugenetica sono stati utilizzati ai fini del miglioramento della razza. Una battaglia per chiedere che al testo dell’articolo 3 della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo venga aggiunto che la vita va tutelata “dal concepimento fino alla morte naturale”. Perché, ha sottolineato Ferrara, “il patrimonio unico e irripetibile” del DNA è già presente nell’embrione, fin dal primo stadio del suo sviluppo. E ha spiegato ciò che la moratoria non è: non è un ricorso alla persecuzione penale dell’individuo che sceglie di praticare l’aborto, né della madre né del medico.

Testo e contenuto della richiesta:
Partendo dalla convinzione che la questione “aborto” non può essere considerata “un capitolo chiuso” della storia dell’uomo e liquidata come “definitiva conquista di civiltà”;
condividendo la posizione di quanti negli anni hanno inteso contrastare il fenomeno dell’aborto senza colpevolizzare quelle mamme che sono state indotte con l’inganno ad una scelta tanto terribile;
ritenendo fondamentale rilanciare con forza un dibattito nazionale ed internazionale sull’aborto;
considerando che l’aborto non sembra essere oggi oggetto di controversia politica e che ciò determina una mortificazione della ragione perché si nasconde ai più piccoli la verità essenziale che l’aborto, qualunque ne sia la causa, è sempre un omicidio;

esprimo il mio convinto sostegno a favore della provocazione culturale intesa con il nome “Moratoria Internazionale per l’abolizione della Pena di Aborto”.

Chiedo pertanto:
ai Governi di tutto il mondo di impegnarsi per eliminare quelle condizioni esistenziali che sottendono all’aborto; ai mezzi di informazione, di cultura e di intrattenimento di affrontare l’argomento in dibattiti mediatici e di garantire una effettiva prospettazione di tutte le convinzioni, senza escludere la posizione antiabortista; agli intellettuali di prendere posizione esplicita; ai docenti e ai dirigenti scolastici di reintrodurre l’argomento nelle scuole; ai religiosi e ai credenti di pregare almeno un minuto al giorno per le vittime dell’aborto.

[TITOLO]Tra le migliaia di adesioni quella della Comunità Giovanni XXIII di Don Oreste Benzi
L’associazione fondata da Don Oreste Benzi ha diffuso una nota sulla moratoria sulla pena di morte che rilancia la proposta della moratoria sull’aborto. Ecco il testo diffuso:
“La Comunità Papa Giovanni XXIII gioisce per la moratoria sulla pena di morte approvata dall’Onu, certa che ogni uomo, anche colui che si è macchiato dei crimini più orrendi, resta un uomo e gli deve essere concessa la possibilità di pentirsi e di cambiare vita.
Ma c’è un’altra pena di morte, ben più subdola, comminata ingiustamente a 500 bambini e bambine ogni giorno in Italia e 123mila nel mondo col favore della legge. Si tratta del più orrendo dei crimini, «un omicidio premeditato con l’aggravante che la vittima non si può difendere» ripeteva spesso don Oreste Benzi «nell’aborto due vittime: una mortalmente e l’altra per sempre».
Sempre più spesso l’associazione incontra donne incinte spinte, se non costrette all’aborto, anche con l’inganno.
Urge una moratoria nazionale e mondiale sulla pena di morte comminata al più innocente e indifeso fra gli esseri umani, con l’unica colpa di essere stato chiamato alla vita, di essere malato o, sempre più spesso, quella di essere femmina. Restituiamo ad ogni bimbo concepito il diritto di vivere e ad ogni madre il diritto di poter portare avanti la gravidanza e accogliere il figlio che già porta in grembo in condizioni dignitose”.

SEGNA LA PETIZIONE! L’ABORTO È UN OMICIDIO
MORATORIA INTERNAZIONALE CONTRO LA PENA DI ABORTO