PADRE SAMIR KHAUL SAMIR, gesuita egiziano docente dell’università cattolica di Beirut, è studioso di islamistica di fama mondiale. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente in Libano per avere il suo giudizio sulle proteste musulmane contro il discorso del Papa a Ratisbona.
Padre Samir, come spiega queste reazioni coralmente indignate e rabbiose al discorso del Papa?
Nessuno nel mondo arabo ha letto e conosce effettivamente i contenuti del discorso. Le proteste che si vedono alla tivù sono state organizzate dall’alto dai leader islamisti, che vengono ciecamente obbediti dai loro seguaci. Ma nei nostri paesi è così da sempre: quando ero ragazzo in Egitto il presidente Nasser organizzava l’accoglienza dei capi di Stato esteri mobilitando i sindacati e i dipendenti della funzione pubblica; tutti scendevano per strada a osannare qualcuno di cui fino a pochi giorni prima ignoravano persino l’esistenza. Ora il pericolo è che si inneschi una escalation come quella delle vignette danesi contro Maometto: anche quella protesta fu teleguidata dall’alto per scopi eminentemente politici.
Vari esponenti dell’establishment musulmano, dal gran muftì di Turchia al rettore dell’università egiziana di Al Azhar, hanno accusato il Papa di ignoranza dei veri contenutì dell’isiam, ma non hanno nemmeno provato a fornire la versione secondo loro corretta. Perché?
Perché si vedrebbe subito che attorno a questioni centrali dell’islam non c’è unanimità fra i musulmani di oggi e non ci sono autorità riconosciute che possano dirimere le controversie. E perché l’approfondimento del discorso porterebbe a galla verità scomode.
Si riferisce alla polemica attorno all’accenno papale al jihad, la guerra santa?
Esatto. Quando si porta il discorso sul jihad, i leader musulmani reagiscono sempre con indignazione, protestando che «l’islam è la religione della pace» e che il “vero” jihad è quello dell’anima, cioè l’ascesi spirituale. In realtà l’indignazione nasconde un profondo imbarazzo, perché sanno bene che se si approfondisce il discorso sul jihad si scopre inevitabilmente che l’idea dell’espansione della umma attraverso la guerra ha uno spazio sia nel Corano che nella pratica storica dei musulmani.
Naturalmente non tutte le guerre in cui sono coinvolti musulmani sono jihad aggressivi: certe sono guerre di autodifesa o contro un’occupazione straniera, come in Palestina. Ma il jihad offensivo esiste eccome. Alcuni poi non vogliono parlarne non per imbarazzo, ma per ipocrisia: non vogliono far sapere che condividono quell’idea.
Molti esponenti musulmani chiedono al Papa di scusarsi. Dovrebbe farlo?
Assolutamente no, perché il Papa non ha detto nulla di sbagliato. Quello che ha detto all’Angelus non va interpretato come una richiesta di scuse. Il Papa vuole la pace e il dialogo con tutte le religioni, ma per fare questo bisogna valorizzare la ragione, non oscurarla. Se accettiamo di scusarci perché abbiamo osato ragionare, ci sottomettiamo a un ricatto e creiamo un precedente pericolosissimo.