SEGUIAMO IL PAPA

“Occorre anche fronteggiare, con pari determinazione e chiarezza di intenti, il rischio di scelte politiche e legislative che contraddicano fondamentali valori e principi antropologici ed etici radicati nella natura dell’essere umano, in particolare riguardo alla tutela della vita umana in tutte le sue fasi, dal concepimento alla morte naturale, e alla promozione della famiglia fondata sul matrimonio, evitando di introdurre nell’ordinamento pubblico altre forme di unione che contribuirebbero a destabilizzarla, oscurando il suo carattere peculiare e il suo insostituibile ruolo sociale. La testimonianza aperta e coraggiosa che la Chiesa e i cattolici italiani hanno dato e stanno dando a questo riguardo sono un servizio prezioso all’Italia, utile e stimolante anche per molte altre Nazioni. Questo impegno e questa testimonianza fanno certamente parte di quel grande “sì” che come credenti in Cristo diciamo all’uomo amato da Dio”.

[Benedetto XVI, Convegno di Verona]

L’interrogativo riguarda il “come”, a quali condizioni e verso chi deve attuarsi tale intervento (i Dico ndr): … riconoscendo uno “status” giuridico analogo a quello della famiglia? Personalmente ritengo che a queste domande si debba rispondere negativamente. I diritti e i doveri delle singole persone che convivono possono essere infatti adeguatamente regolamentati ricorrendo al diritto comune e ad eventuali modifiche della normativa civilistica.
Facciamo nostre, in tal senso, le preoccupazioni espresse nel discorso di Papa Benedetto XVI alla Curia Romana in occasione della presentazione degli auguri natalizi: «Quando vengono create nuove forme giuridiche che relativizzano il matrimonio, la rinuncia al legame definitivo ottiene, per così dire, anche un sigillo giuridico. In tal caso il decidersi per chi già fa fatica diventa ancora più difficile. Si aggiunge poi, per l’altra forma di coppie, la relativizzazione della differenza dei sessi. Diventa così uguale il mettersi insieme di un uomo e una donna o di due persone dello stesso sesso».

(Card. Dionigi Tettamanzi, Arcivescovo di Milano)