I santi sono la risposta di Dio alle emergenti necessità della storia. Queste appare con particolare evidenza in san Giovanni Bosco, e ce ne rendiamo conto con miglior consapevolezza oggi, che a distanza di oltre un secolo possiamo valutare serenamente e oggettivamente la rilevanza educativa della sua opera.
Ciascuno di noi ricorda S. Giovanni Bosco come un maestro di vita; un uomo cioè che non ha tanto insegnato nozioni e teorie, o come si studia, come si lavora, come si guadagna, come ci si comporta in società, come si fa carriera, come si impiega il tempo, ma come si vive.
Certo il mondo è continuato a mutare rapidamente e profondamente anche dopo la morte di don Bosco, sicché qualcuno potrebbe domandarsi in che senso sia ancora adeguato alla cristianità dei nostri giorni l’insegnamento e l’esempio di questo sacerdote morto oltre cento armi fa, in una Torino che indubbiamente non si riconoscerebbe più nella società dei nostri giorni.
L’interrogativo meriterebbe una risposta complessa e molteplice, che non ci è ovviamente consentita nello spazio di queste poche righe. C’è però un campo per il quale non e difficile cogliere immediatamente la perdurante attualità di don Bosco e sul quale ritengo particolarmente necessario attirare l’attenzione. Oggi c’e, in ogni parte, il bisogno — un bisogno i estremo — di una seria e sostanziale opera educativa. Si direbbe che nell’umanità dei nostri tempi quasi tutti abbiano rinunciato a educare. I genitori, disorientati dal cambiamento radicale delle condizioni di vita e dal permissivismo delle teorie pedagogiche dominanti, sembra non sappiano più assegnare i giusti spazi all’esistenza dei figli nè quali percorsi morali proporre. La scuola — soprattutto la scuola pubblica — trova nell’odierno pluralismo culturale l’alibi alla sua rinuncia a insegnare le regole del gioco della vita e la giustificazione della sua incapacità di additare ai ragazzi degli ideali convincenti. Ma senza regole nessun gioco si può giocare e senza ideali nessuna giovinezza può maturare davvero. …..
Don Bosco, pur essendo stato uno scrittore fecondissimo, non ha lasciato trattati di pedagogia veri e propri. In fondo, egli non credeva molto alle formule teoretiche e ai meccanismi metodologici rigorosamente e minuziosamente stabiliti. Per lui l’efficacia educativa nasce, più che dagli studi e dalle ricerche, dalla pienezza spirituale della persona educante; trova la sua radice nella verità e nell’altezza degli ideali che sono offerti all’alunno mediante il modello concreto di una vita vissuta; è garantita dall’amore disinteressato di cui l’educatore avvolge l’educando per orientarlo non a sé, ma al Dio che è l’unico Signore dei cuori e delle esistenze. Il segreto della pedagogia salesiana è tutto qui: è l’amore, l’amore che si fa presenza accanto al ragazzo in modo che non venga mai meno la forza intrinsecamente formativa della verità. … Non abbiamo affatto l’impressione che nella nostra società, per la maggior parte dei casi, i nostri giovani siano ben preparati alla vita, alle sue difficoltà, alle sue esigenze. In realtà, l’odierno modo di educare, nella sua generalità, si distacca dalla pedagogia di don Bosco in alcuni punti qualificanti. Per don Bosco, come abbiamo visto, è necessaria la <
card. Giacomo Biffi